…Un adrenalinico risveglio al suono di “Shoot to Thrill” degli AC/DC, che la sera precedente aveva interrotto il momento magico nell’idromassaggio con l’Alexandra (ma è anche la mia abituale sveglia mattutina da ben prima che diventasse mainstream dopo il primo Iron Man), adesso è esattamente quel che serve per iniziare con la giusta carica quella che si prospetta come una giornata piena di emozioni e tanto movimento in compagnia delle care Andiamine.

E così dopo aver dormito beatamente cullato dal suono della pioggia, ora è tempo di una buona colazione accompagnata dai flebili raggi del sole che tenta di farsi vedere tra le nuvole. Sono appena le dieci, e ricordandomi la ressa del giorno precedente oggi vorrei essere nel parcheggio del locale all’orario d’apertura, ma il tempo non manca e posso ancora fare tutto con la dovuta calma. Dopo aver mangiato l’impossibile, rientro in camera e sistemo le mie cose, poi scendo a saldare il conto (che per mia fortuna è molto meno salato di quelli delle giovani meretrici), e intorno alle undici e trenta mi avvio verso Technologieparkstraße, ma prima devo prelevare e far benzina quindi mi addentro verso la città in cerca di un bancomat ma… Porco diavolo, c’è un traffico da paura!

Questo scombussola leggermente il mio piano ma alla fine riesco comunque ad arrivare in tempo per vedere il parcheggio ancora vuoto e alcune Andiamine che entrano. Attendo l’arrivo dei primi avventori, che non tardano a farsi vedere, poi entro confondendomi tra la folla. Solito rituale alla cassa e stavolta Armadietto numero 112, ovvero nella zona più tranquilla dello spogliatoio, ottimo inizio. Ho l’onore di essere il primo a usufruire della doccia, e quando sono pronto per entrare nell’arena vedo che già una decina di avventori hanno preso posto in zona bar e penso “Voi altri una doccetta prima d’entrare no eh?”. Ma il pensiero si dissolve subito perché l’attenzione si sposta sulle signorine presenti in sala, che sono già una ventina e che continuano ad arrivare. O meglio, volendo citare una celeberrima frase dal film “Aliens” mi vien da dire: “VENGONO FUORI DALLE FOTTUTE PARETI !”.

Eh si, perché per quel che riguarda le signorine, qui in Andiamo siamo sempre a livelli molto alti sia per quantità che per qualità, niente a che vedere con il piccolo Casa Carintia visitato il giorno prima. Giuro che a fine giornata, delle oltre cinquanta ragazze che c’erano, ne ho catalogate appena cinque o sei come inchiavabili, e questo a pensarci bene è un problema. Si, un problema per il portafogli.

Mi faccio servire un caffè dall’attraente biondina dietro il bancone del bar e comincio a resistere ai primi attacchi delle Draculine che mi si propongono, e dopo un paio, delle quali non ricordo nemmeno il nome, ecco che arriva la sedicente colombiana che risponde al nome di Selena. Mi si struscia un addosso con quel bel corpicino caliente e da sfoggio della sua agile parlata spagnoleggiante, ma nonostante i suoi argomenti siano molto convincenti non scatta la scintilla e non avverto alcun brivido lungo la schiena, quindi per adesso la rimbalzo.

Nel frattempo ho visto arrivare tra le altre anche la Morena, una vecchia conoscenza presente in quel di Villach da parecchio tempo e che adesso anziché mora è rossa di capelli, ma a quanto pare ha mantenuto le solite “tette calanti” e rimane poco appetibile per i miei gusti, però adesso che l’ho vista volgo lo sguardo nei dintorni in cerca della sua inseparabile compagna, anche lei presenza storica in Andiamo, ovvero la Lidia. E infatti è là che cammina vicino ai divanetti accanto al palo da lap, e appena vede che la punto mi viene incontro sculettando allegramente. Ci mettiamo a chiacchierare e dopo aver fatto rispettivi sforzi di memoria per ricordarci se avevamo già avuto il piacere di trombarci, con lei che dice di si ed io che affermo il contrario (ma sono bugiardo), mi chiede: «Sei ancora vergine oggi?» – «Si, sono arrivato da poco e devo ancora svegliarmi bene» le rispondo. Al che la Lidia ribatte «Anche io sono vergine per oggi!» e il discorso punta in quella direzione per qualche minuto. La Lidia non è di sicuro una top model, ma è carina, simpatica, tranquillona e ben calda, quindi visto che col pensiero le avevo già messo, scusatemi il francesismo, il cazzo in bocca, decido di portarmela su e con immenso stupore le camere sono ancora tutte libere, allora scherzando su questo fatto mi indica la bacheca dove sono appese le chiavi e mi chiede di sceglierne una, «la sette!» dico io. Prende la numero sette, entriamo, e appena varcata a soglia esclama: «Troppo freddo!». Così torna sui suoi passi, rimette a posto la chiave numero sette, prende la dieci e ci spostiamo. Ok, va meglio, questa è ben climatizzata, l’altra era veramente un fottuto freezer.

In camera la Lidia si comporta bene, sa esser dolce ma allo stesso tempo è profondamente maiala, giochiamo come bimbi scemi e ci stuzzichiamo a vicenda, finché in qualche modo mi trovo seduto sul letto in mezzo alle sue gambe a leccargliela da sotto mentre lei in piedi con la testa china sulle mie parti basse mi fa un pompino da brivido; e onestamente non so com’è sia definita questa posizione secondo il kamasutra classico ma di certo è qualcosa di molto, molto godereccio. La ragazza mi piace e me la voglio gustare con molta calma, così scelgo di stare un’ora in sua compagnia. È tecnicamente sopraffina nell’antica arte del pompino, e per la maggior parte del tempo la lascio lavorare di bocca sull’arnese prima di proseguire le danze con una delicata e infinita cavalcata da parte sua seguita in conclusione da una goduriosa “pecora” veramente degna di nota che mi fa esplodere con somma soddisfazione intorno al sessantesimo minuto lasciandomi beato e rilassato. Un buon inizio di giornata. E vista la poca affluenza al piano di sotto, ci concediamo una doccia senza fretta poi si torna giù per il saldo. Centoquaranta eurini guadagnati fino all’ultimo cent. “…Brava Lidia!”.

C’è da dire che purtroppo l’Andiamo è caro, soprattutto se paragonato al pacifico postribolo dove sono stato la sera prima, ma è anche vero che se ne esce sempre soddisfatti, e che la qualità delle operatrici è piuttosto alta, quindi tutto sommato direi che non è il modo peggiore di spendere il proprio denaro. E comunque è sempre meglio che comprarsi l’ultimo modello di i-phone per farsi i selfie vicino alla tazza del cesso…

E intanto che mi perdo in questi grandi dubbi esistenziali, la popolazione nel locale sta aumentando, mi regalo una birretta e viene a salutarmi una vecchia amica, Hillary.

La metto subito al corrente del fatto che sono momentaneamente “fuori uso”, ma prende comunque da bere e sedendosi sullo sgabello vicino mi tiene compagnia finché arriva un suo fedele ammiratore che richiede i suoi servigi al piano superiore. «Ci vediamo più tardi» dice; quindi scende dal trespolo per andare a prendere gli asciugamani d’ordinanza e si incammina su per la scala.

Dopo che Hillary se n’è andata mi si avvicina come un avvoltoio una morettona mai vista prima, la quale però non mi convince troppo e quindi la saluto ignorando i suoi tentativi d’abbordaggio. Sono ancora a metà birra, ed ecco che riparte all’attacco anche Selena. Stavolta visto che insiste me la strofino un po’ addosso, e m’infila anche una mano sotto l’accappatoio quella maiala, ma il fratellino non da segni evidenti di ripresa e allora capisce anche lei che non c’è storia e salutandomi prosegue il suo giro di sala.

Riesco a finire la birra e mi incammino verso il cinema, però mi trovo davanti lei, una delle mie preferite, Juliana. Semplicemente una fatina del sesso, non saprei in che altro modo definirla. In più somiglia moltissimo a una mia vecchia amica, e questo la rende ancor più intrigante ai miei occhi.

Mi fermo a parlare con lei, restiamo seduti sul palchetto del della lapdance per una decina di minuti e ricordo che l’ultima volta che l’avevo incontrata aveva messo su qualche chilo di troppo, in particolare su quel bel culo rotondo e sodo, ma adesso è finalmente tornata in splendida forma ed è un piacere osservarla in tutta la sua naturale bellezza; però anche se è un gioiellino non ho intenzione di portarmela in camera, altrimenti rischio sul serio di passare il resto della giornata solo con lei. Ma oggi ho voglia di novità. Mi alzo salutandola prima di cambiare idea e la lascio a fare il suo mestiere, che detto tra noi, le riesce anche troppo bene. Ci rimane quasi un po’ male, e lo si capisce quando con un tono vagamente spocchioso, che solitamente non le appartiene, mi dice:«Ok. Se mi vuoi sai dove trovarmi…»

Come tutte le altre”, penso mentre mi allontano dalla bella Draculina tentatrice.

Continuo il mio giro e poco più avanti mi trovo vis à vis con una biondina piuttosto minuta ma dal fisico quasi perfetto, al che la fermo mettendole le mani sui fianchi mentre la guardo dritta negli occhi, lei sorride e il suo sorriso mi piace, ci appoggiamo a una colonna e mi fermo a parlare con lei, Dolores è questo il suo nome d’arte. Anche lei è una “Figlia del Conte Vlad”, ha ventun anni e un corpo da modella anche se supera di poco il metro e sessanta d’altezza, direi che tutto sommato è una bella bambolina bionda. Continuando a parlarci poi scopro che è anche molto simpatica, e penso che se è brava anche a fare il suo mestiere potrebbe scalare la mia personale classifica ed entrare nelle Top Ten. Quindi senza pensarci troppo me la porto di sopra dove troviamo subito una camera libera e ci accomodiamo. Mi do una rinfrescata intanto che lei tira fuori lo smartphone e mette su un po’ di musica. La prima song è “Blurred Lines”, ottima scelta e molto adatta alla situazione. Poi si mette carponi sul letto muovendosi a tempo di musica. Esco dalla doccia, mi avvicino e senza troppi convenevoli me lo prende in bocca mentre rimane con quel culetto all’insù, appoggiata mani e piedi sul giaciglio. È brava con la bocca. Molto brava. La interrompo un attimo per spostarmi in ginocchio sul letto poi lei riprende la sua opera e inizia a farlo sparire quasi tutto in bocca facendomi venire i brividi da cotanto godere. Mi guarda con quel bel visino da maiala e ad ogni affondo produce un laghetto di saliva che lascia colare giù, per poi tornare ad inghiottire completamente il batacchio come fosse la cosa più naturale del mondo. La sua maialaggine mi eccita oltremodo, e per non capitolare all’istante la invito a “sellare il destriero” e cavalcarlo. Si spalma un po’ di lubrificante sulla topa, solitamente non lo gradisco, ma dato che non ci sono stati “preliminari” glielo concedo; e infatti appena se lo infila dentro sento che è molto stretta (ed io non ho certo il pene di Rocco Siffredi). Si muove lentamente, sembra quasi voler giocare col cazzo, e le riesce piuttosto bene. A quel punto decido che m’intratterrò almeno un’ora anche con lei. Ho intenzione di adoperare il suo corpicino agile e maneggevole per farmi un bel ripasso del buon vecchio Kamasutra. E non sto a descrivere tutti i dettagli, dico solo che tutto quello che mi è passato per la mente l’abbiamo fatto, e che la bella Dolores non sembrava affatto dispiaciuta di assecondare le posizioni circensi che le ho proposto. Alla fine ero esausto, mi son disteso e l’ho lasciata eliminarmi definitivamente con l’aiuto della sua abile bocca e di quelle esili e delicate mani che m’hanno portato all’esplosione con tanto di ”Urlo di Tarzan” da parte mia, anche se di solito sono piuttosto silenzioso in certi momenti.

Vedo le stelline e ringrazio, lei ride divertita, la bacio e poi muoio per cinque minuti mentre provvede a lavarsi e ricomporsi un po’ prima di uscire. Scendo le scale con una mano incollata alle sue chiappette di marmo e le sue braccia avvinghiate intorno alla vita e intanto noto che la sala sottostante adesso è veramente piena di gente.

Pareggio il conto di quattordicimila centesimi di euro, saluto la vivace biondina, e dopo una lunga doccia bollente mi concedo l’ennesimo caffè, poi sfruttando il poco sole che adesso riappare timidamente tra le nuvole me ne vado fuori a fumare una sigaretta in pace col mondo. E in compagnia dei pochi orsi bianchi presenti all’esterno mi guardo divertito i tuffi in piscina di tre folli “ragazzacci” di cinquant’anni; ma l’aria non è così calda come pensavo, quindi torno dentro a riposare in attesa che sia servita la cena, perché con tutta questa attività fisica comincio anche ad avere una discreta fame…

Mi sono addormentato su un divano come un bimbo felice e sono da poco passate le sei del pomeriggio. Finalmente la cucina è aperta. Mi procuro un’altra birretta al bar e vado verso la sala pranzo che è già piuttosto affollata, ma per fortuna ci sono anche i tavolini all’esterno, quindi mollo la birra in veranda e vado a servirmi.

La cena non è invitante come in altre occasioni, ma la carne, e quella polenta al formaggio, non sono malaccio, e comunque anche tutto il resto è abbastanza commestibile se si è di larghe vedute per quanto riguarda il cibo. Torno fuori e consumo il frugale pasto accompagnato dalla mia fresca bevanda, un po’ di frutta, e per finire una sigaretta in tranquillità. Ok, il pancino è pieno. Sono pronto per il movimentato proseguo della serata.

È trascorsa appena una mezz’ora, torno dentro ed è il caos totale. Adesso il locale è affollatissimo, non siamo ancora ai livelli di quando ci sono le feste ma c’è davvero tanta gente. Riesco comunque a posteggiarmi su uno sgabello al bar per prendermi l’immancabile caffè, e resto un po’ li a controllare la situazione.

Vedo diverse teste che fanno capolino dal piano di sopra e sulla scala c’è più traffico che sull’A11 a ferragosto C’è sicuramente la coda d’attesa per le camere, cosa che in fondo non mi dispiace, perché durante l’attesa sui divanetti al piano superiore spesso si creano situazioni intriganti e divertenti, e personalmente adoro quel tipo di imprevisti. Ma mentre sto pensando a tutte queste cazzate mi si affianca una signorina tutta agile e pimpante, decisa a farmi cadere in tentazione, e con un nome d’arte che è tutto un programma, infatti si chiama Barbie. E come una bambola, senza proferir parola mi si appoggia addosso, si struscia, stuzzica, provoca, ma non riesce a convincermi, quindi cede, molla il colpo, saluta con la manina e se ne va oltre. Ammicco un saluto di rimando e penso “Ciao ciao inutile bambola bionda, stavolta t’è andata male…”.

Volgo lo sguardo nuovamente verso l’altro lato della sala e noto con piacere che la mia “pacioccosa” amica Hillary se ne sta li in attesa di qualcuno che se la porti via. Aspetto che mi guardi, e appena si gira le faccio l’occhiolino con la mia solita faccia da paraculo, lei coglie al volo il gesto e sorride, la chiamo a me con un semplice cenno della mano e in un attimo mi raggiunge. Poi, visto che ci eravamo già cordialmente salutati prima, e sapendo che c’era sicuramente da attendere un po’ prima di avere una camera libera, la invito subito a salire le scale e ce ne andiamo di sopra, dove la situazione era quella che immaginavo. Divanetti affollati da improvvisate coppiette in attesa di un letto dove sfogare gli istinti animaleschi o semplicemente dove poter fare il proprio mestiere, dipende dai punti di vista. Qualcuno chiacchiera, altri hanno un’aria indifferente o relativamente distaccata, altri ancora sono praticamente già arrivati ai preliminari, buon per loro. Ci adagiamo su un divanetto appena liberatosi, e subito Hillary si stende su di me, e tra una carezza e un paio di baci, scherziamo come al solito su una buffa coincidenza che riguarda un paio di date che abbiamo in comune. Poi mentre si liberano le stanze ed il via vai di gente è costante e caotico, le rammento che ho appena mangiato, e che in onore dei precedenti incontri vorrei fosse così gentile da cullarmi nuovamente con la sua calda bocca carnosa, lentamente e fino alla fine. Per almeno un’ora, con calma. (Che tradotto in parole meno gentili sarebbe: “Ho mangiato troppo e da troppo poco tempo, e se mi muovo mi si sheckera la polenta al formaggio con la birra e non rispondo delle conseguenze. Ma i tuoi pompini me li sogno la notte, quindi se non hai niente in contrario puoi tenermelo in bocca per un’ora e poi ti vengo in bocca… Ok?”)

Lei, ancora distesa su di me, mi prende le mani e se le mette sulle tette mettendoci sopra le sue, poi risponde candidamente «Se ce la fai te a reggere un’ora, per me va bene». Niente da aggiungere, ottima risposta.

Un paio di minuti e si libera la camera, ma ahimé è la numero sette, ovvero il freezer, e infatti appena entriamo si sente l’effetto dell’aria condizionata “a palla”. Ci concediamo quindi una rapida doccia calda condita da tanto frullar di lingue e carezze intime, poi via diretti sul lettone. Mi stendo rilassato, lei si inginocchia tra le mie gambe e subito mette il cazzo al calduccio nella sua bocca, succhia bene come al solito, lenta ma decisa, e ricordo bene cosa mi piace di più in questa ragazza che con i suoi ventotto anni è una delle più “vetuste” del locale e che in verità per quanto sia molto carina non è certo la miglior figa che si può trovare la dentro. Però quando me lo prende in bocca io non ci capisco più niente. Va avanti per un bel po’, poi si stacca un attimo per stendersi di fianco a me ma al contrario. E così continua la sua opera mentre la mordicchio tra le cosce e l’accarezzo nei punti giusti, al che mi sbatte letteralmente la figa in faccia, e per quanto non sia sempre propenso a leccarla alle addette ai lavori (anche se spesso non posso farne a meno perché il maiale che è in me prende il sopravvento), con lei è ormai un’abitudine. Poi quanto si scalda diventa ancor più efficiente, quindi ci divertiamo parecchio fino a che sento che sto per raggiungere il punto di non ritorno. Ma ancora è presto, ho detto un’ora ed un’ora dev’essere. Mi fermo, la invito a cambiare posizione, mi metto in ginocchio sul letto e mi si riattacca letteralmente al cazzo, ma ci sto scomodo e decido di giocarmi il jolly, ovvero mi siedo sulla testata del letto a gambe aperte e lei si inginocchia di fronte a me riprendendo con calma il suo lavoretto da dove l’aveva lasciato. Adoro stare così. Posso godermi lo spettacolo dall’alto, giocare con le sue belle tette e gestire la situazione restando comodo. E poi, detto tra noi, riempire la bocca a una maiala inginocchiata davanti a me seduto in quel modo fa sempre un bel “Effetto Porno”.

Quel suo succhiare lento, ritmato e deciso mi manda in estasi e sento salire il sacro nettare che un attimo dopo esplode in quella calda ed accogliente cavità mentre continua a succhiare fino all’ultima goccia, lasciandomi senza fiato e in balia delle sue dolci e carnose labbra per un lungo interminabile istante.

Mi sdraio e riprendo i sensi mentre lei va a svuotare “l’hangar”, poi torna a stendersi vicino a me e parliamo in tranquillità prima di lasciare la stanza libera agli squali infoiati che sono fuori in attesa di un letto da battaglia. Usciamo e la stanza va alla bella Juliana in compagnia della sua prossima vittim… ahem… volevo dire del prossimo cliente. Mi lancia al volo un sorrisone con quei suoi canini vampireschi in bella vista, ricambio il gesto, e per non rischiare di prendermi un morso mi dileguo giù per la scala con la dolce Hillary, che dopo aver ricevuto il suo compenso si congeda con un convinto «Ci vediamo dopo!», al quale rispondo con un enigmatico «E chi lo sa…», pronunciato appena prima di defilarmi sotto la doccia per poi rientrare nuovamente in sala in una manciata di minuti.

Ormai sulla Carinzia è calata la notte e nel locale la bolgia infernale del pienone comincia a farsi sentire, così come la musica che per un po’ rende l’atmosfera più da discoteca che da sauna club. E ovunque i posti a sedere sono occupati, di conseguenza c’è un gran via vai di gente che girottola intorno al bar, me compreso. E nel mio girovagare vengo afferrato almeno due o tre volte dalle manine tentatrici di altrettante Vampirelle, ma mi libero agevolmente di loro poiché sono reduce da un’ora di superpompino con Hillary, e perché queste signorine non sono in cima alla mia lista dei desideri. Solamente la bella Irina, una draculina dai tratti molto vagamente sudamericani, mi aveva quasi tentato. Ma alla fine snobbo anche lei e proseguo il mio breve giro. Poco dopo, nell’angolino più remoto del bar scorgo un bel visino incorniciato in una strana e fluente chioma violacea, anzi fuxia, che attira la mia attenzione. Mi appropinquo di fianco a lei e mi presento «Ciao, io sono Luca, e te chi sei?» – «Je m’appelle Cheyenne, mon amour», risponde lei con perfetto accento francese.

Ecco… Sono fottuto.”

Una bella ragazza che parla francese mi fa ribollire il sangue, ma questa ha pure i capelli viola-fuxia con un’acconciatura da personaggio dei fumetti, ed io sono un appassionato di manga giapponesi fin dall’infanzia.

Ok, il mio cervello è appena andato a puttane (…anche lui). Comunque lei è bassina, però c’è tutta, tette piccole ma ben palpapili e un meraviglioso culetto morbido e rotondo. Il suo viso e i suoi occhi sono quelli di un angioletto furbo e pare assai animè et guilleret… “Une fille un peu fou.”

Si dichiara metà rumena e metà francese, bell’incrocio, mi piace. Parliamo per cinque minuti, e dato che conosce poco l’inglese e ancora meno l’italiano, ogni tanto infila parole in francese qua e là continuando a mandarmi in pappa gli ormoni con quella maledettissima erre moscia. Ma dato il casino che c’è in sala le chiedo di salire e ci appostiamo su in attesa di una stanza libera. Intanto che continuiamo la conversazione vedo passare una miriade di ragazze in un continuo andirivieni dalle camere, tra le quali Juliana, Barbie, Selena, la Lidia e una manciata di new entry che non conosco, e c’è anche Dolores che si ferma un momento a ciarlare in romeno con Cheyenne e un’altra collega appena arriviamo al piano di sopra. Di certo l’atmosfera è movimentata e mai noiosa nonostante l’attesa, e continuando a intervistarla scopro che la signorina dalla chioma viola ha ventitré anni (ma non ne dimostra più di venti), che ha lavorato anche in Germania, che è una discreta giocatrice di poker, ed amenità del genere. Infine la informo che ho finito da poco il terzo lungo incontro della giornata e che non sarà impresa facile rianimarmi; ma Cheyenne, con l’aria sicura di chi sa il fatto suo, mi guarda con i suoi angelici occhietti e mi assicura che ci penserà lei.

…Ok, voglio crederci.” E tra un «Cameraaaa!» ed un «Liberaaaaa!» delle giovani meretrici che vanno e vengono sciamando nel corridoio come api impazzite, finalmente si libera una stanza. Ancora la numero sette?

Ma porc* d’una vacc* maial* della ma*****” (*Censored). E va beh, mi rassegno ed entro di nuovo in freezer. La bambolina Cheyenne si toglie gli “zepponi” che portava ai piedi e mostra tutta la sua poca altezza, ma io adoro le ragazze maneggevoli, e lei dimostra di aver scelto il mestiere giusto quando seduta sul bordo del letto mi afferra l’uccello e se lo lavora divinamente in un eccitante turbine di labbra e lingua, con anche un paio di affondi verso le tonsille. Poi appena pronto all’uso lo veste, e voltandosi mi porge le terga deliziandomi della vista di quel bel culetto rotondo come la luna che fa da sfondo alla sua patata liscia e polposa, che vista così è assolutamente irresistibile. Mi inginocchio di fronte a cotanta appetibilità, afferro quelle chiappette a piene mani e mi fiondo sulla succulenta preda come un lupo affamato. La signorina dai capelli fuxia gradisce, ed io mi diverto e la mangio fino a che sento l’impulso irrefrenabile di penetrarla. Mi rimetto in piedi e mi gusto il caldo abbraccio di quella vulva perfetta per alcuni interminabili minuti, ma dopo un po’ le gambe vacillano sotto il peso di tanta lussuriosa attività.

Esco dal caldo rifugio, mi stendo sul giaciglio e la invito ad impalarsi sulla verga (ok, sul rametto, ma il concetto è quello). Si muove bene ed è molto piacevole, ma dopo un po’ lo stare li fermo sdraiato in quel modo mi infastidisce (che sia ancora colpa della fottutissima polenta?) ed il Regale Augello ha un attimo di cedimento. La Cheyenne smonta dalla sella e mi si avventa nuovamente con la bocca sull’asta che con il suo pronto intervento si rianima all’istante, allora la sdraio e tenendola ben salda per le caviglie riparto alla carica, ma stavolta senza esagerare. Mi godo il suo faccino malizioso e godereccio, e preso da una strana ispirazione le chiedo per gioco di dirmi qualche porcata in francese. Non l’avessi mai fatto…

Comincia a spararmi una dopo l’altra una serie di porcate che per metà a malapena comprendo, ma che mi azzerano definitivamente i pochi neuroni rimasti coscienti, e se non fosse perché ho già “dato molto” in precedenza, credo che i giochi si sarebbero chiusi li, all’istante. Invece continuo a scoparmela come non ci fosse un domani, l’afferro da sotto sollevandole il culo dal letto e non mi fermo più… Poi d’un tratto, tra una porcata e l’altra, si zittisce di colpo emettendo appena qualche gemito, quando all’improvviso sento una vampata di calore dentro di lei che un attimo dopo mi porta a godere senza ritegno nel suo ventre bollente al grido di «GODI MAIALAAAAAA!». Stremato ma soddisfatto, moribondo ma estasiato, infine muoio. Un paio di baci di apprezzamento e rotolo definitivamente al suo fianco, chiudendo gli occhi e gustandomi appieno il bel momento. Un’altra ora è andata, breve doccia per lei, poi un dolce abbraccio e usciamo.

«Cameraaaa!» – «Chi è l’ultima?» – «Liberaaaa!», sembra quasi di essere in coda dal dottore, solo che la gente qui è molto più allegra. E va beh…

Dopo aver congedato la signorina Cheyenne, ed aver goduto di quella che sarà per me l’ultima doccia della serata, rientro in sala per l’ultima volta, mi prendo una coca e torno brevemente al ristorante a rifocillarmi in vista del lungo viaggio di ritorno. Mi siedo di nuovo in veranda anche se ormai fa quasi freddo, e fumando in pace la mia Marlboro tiro le somme della giornata e ne approfitto per scambiare un paio di messaggi con il caro Aleandro, aggiornandolo su ciò che si è perso rimanendo a casa (si lo so, a volte so essere estremamente perfido).

Quando rientro incrocio una splendida mora alta e atletica, che non avevo mai visto prima. Si presenta come Brigitte, parla francese e si dichiara tale. “Eccheccazzo” penso io, “Allora ditelo che oggi ce l’avete con me…”. Comunque questa è sicuramente una draculina sotto mentite spoglie, ma non ho voglia di indagare oltre, perché in effetti anche lei parla un buon francese e per quel che ne so potrebbe pure arrivare dal canada. A dire il vero il mio cervello sente una vocina che dice “Trombalaaa… Trombalaaa”, ma per fortuna il Regale Augello la sotto è momentaneamente sordomuto. Saluto quindi la Brigitte, mettendola in lista per la prossima volta, e riesco a trovare un giaciglio per una breve pennichella che avevo previsto di concedermi prima di partire verso il mare.

Intorno alle ventitré riapro gli occhi, e ancora intontito in mezzo alla bolgia decido che è giunta l’ora di andare. Saluto Hillary seduta poco più in là, e trovo Dolores in attesa della sua paghetta davanti agli spogliatoi. Saluto anche lei e mi ritiro… Armadietto, vestizione, sigarette, reception, bracciale. “Buonanotte!”

Gesti consueti, dèjà vu, sensazioni già sperimentate. Non è mai un bel momento ma ormai ci sono abituato. È il quindici di agosto, eppure fuori fa freddo, e a questo non riesco ad abituarmi. Mi rifugio nella calda Trombomobile e con un sospiro malinconico mi allontano per l’ennesima volta da quell’angolo di paradiso.

Il rientro vola via in un attimo, accompagnato in parte dai messaggi del solito Aleandro che rosica da casa, e in seguito dalla lunga telefonata di un’amica che non ama molto dormire la notte; il tutto condito da tanta buona musica che mi tiene sveglio e fa riaffiorare vecchi ricordi. Almeno questa volta concluderò la mia gita con un paio di giorni di relax al mare nella gioviale atmosfera di un bungalow in campeggio, e penso che forse mi consolerò con qualche giovane turista straniera in cerca di festeggiamenti notturni. “Chissà se ci sono le francesi in quel campeggio…”

Faccio partire la colonna sonora di Lupin III e un sorrisetto beffardo torna improvvisamente a incresparmi gli angoli della bocca. “Margot j’arrive!”

…Adoro questa cazzo di vita.

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