Giorno 3: Marina Club

Per il gran finale di questa maratona ho scelto il nuovo Marina SaunaClub di Nova Gorica, ragion per cui in questo soleggiato venerdì di mezza estate, dopo aver goduto di una sola intensa camera al Wellcum, tra poco più di un’ora sarò in Slovenia.

La strada dall’Austria alla Slovenia scorre via liscia, e con “Dream On” degli Aerosmith a far da sottofondo, in un lungo flashback ripenso alla precedente visita al Marina in compagnia del buon Aleandro. L’altra volta il locale era aperto da appena una settimana, ma ricordo con piacere le ragazze presenti (quasi tutte ex Andiamine) e le battaglie di quel giorno. Prima con la simpatica Scarlett che ha avuto l’onore di “sverginarmi”, e poi con la Soraya, la quale insieme alle altre si era trasferita al Marina, ma dopo due settimane è tornata in Andiamo, quindi oggi non ci sarà. Ed è proprio ripensando a lei che mi mangio un po’ le mani per non averla portata in camera anche stavolta in quel di Villach.

Eh si, perché l’ultimo incontro con lei è stato bello, e in più condito da un episodio abbastanza singolare, che mi ha divertito e lusingato…

[Ho conosciuto Soraya in occasione dell’addio al celibato di Gianni festeggiato in Andiamo a fine maggio, ma non avevo mai approfondito tale conoscenza, perché il suo atteggiamento nel social time è piuttosto ambiguo e le sue doti da intrattenitrice di sala sono prossime allo zero. Però da un punto di vista puramente estetico c’è poco da commentare; è quasi la perfetta incarnazione dei miei migliori sogni erotici, ed ogni centimetro della sua pelle mi fa pensare a una sola cosa: “Sesso. Solo Sesso. Ancora Sesso”. E un paio di settimane fa, al Marina, ero da solo al bar a prendere un caffè mentre il mio compare stava impegnandosi duramente a mantenere il suo status di “uomo pesce” nell’idromassaggio al piano di sotto; e la Soraya dall’altra parte del bancone mi guardava… La osservo; lei mi fissa. Poi mi alzo, la raggiungo, e mi domanda «Io e te abbiamo già parlato vero?». – «Si, all’Andiamo. Ma non abbiamo fatto altro.» rispondo io. Quindi ci mettiamo a chiacchierare di questo nuovo locale e dopo due minuti, quando ormai il “Signor Pelato” cominciava a fremere al cospetto di tale femmina da accoppiamento, decido di portarmela in camera. All’inizio sembra quasi troppo professionale ovvero molto “distaccata” e poco partecipativa. Sbaciucchiamenti e leccatine ovunque, ma senza troppa convinzione, per poi dedicarsi alle parti basse con una buona tecnica, ma senza un minimo di passione. Va anche detto che era quasi mezzanotte, e un po’ di stanchezza aleggiava nell’aere, ma la situazione non mi appagava pienamente. Lei accorgendosi della cosa, mette in evidenza il suo sesso spalancando le gambe, e senza girarci intorno dice: «Toccami la figa, mi piace». Al che approfittando dell’invito me l’accavallo direttamente sulla faccia, intanto che lei continua ad allietare il Regale Augello. Mi diverto a mangiare quella bella patata, e a stuzzicare anche l’altro suo irresistibile pertugio. Poco dopo, la ragazza dai lunghi capelli corvini, ormai eccitata da tanto attento lavorar di lingua me lo sta succhiando come un’indemoniata, ma a un certo punto si ferma e preme la figa sulla mia bocca, esploro con la lingua l’umida grotta; si scosta leggermente, insisto; si appoggia nuovamente e si struscia felina sulle mie labbra, quasi non respiro ma non mollo; ha un sussulto, si scosta un’altra volta, la seguo ancora e il ritmo incalza; un altro brivido con quel culetto che si muove frenetico; dovrei prender fiato ma non mollo, la sento vibrare; ci siamo, non cedo; contrae, rilascia, si solleva appena e… Cazzo, m’ha spruzzato in bocca. Non è una squirtata assurda, ma mi spiazza, seppur piacevolmente. “Dovrei chiederle un extra” penso divertito mentre sputacchio il succo del suo piacere… Al che si ricompone, prende il rotolo di carta per ripulire il danno e osserva la scena vagamente compiaciuta. «Tu lecchi bene, chi ti ha insegnato?», mi domanda sorridente. – «Nessuno. Ma mi garba tanto la patata» ribatto io lusingato dal complimento e con il suo buon sapore ancora in bocca. Quindi poggia dolcemente per un istante le sue morbide labbra (della bocca) sulle mie, poi si riattacca un po’ al cazzo prima di violentarmi. Lo incappuccia (maledetto sia quel gommino, lo odio) e porgendomi le terga si prodiga in una cavalcata, dapprima tranquilla e poi spietata, tant’è che sono costretto a spostarla per non soccombere all’istante. La pecorizzo al volo e mi gusto lo spettacolo allo specchio, ma nonostante quel corpicino sinuoso sia irresistibile in tale posa sento che non è la di lei più consona posizione. La ribalto di nuovo, e con le sue gambe all’aria ben strette tra le mani chiudo i giochi, godendomi la splendida visione di quelle tettine abbronzate che sballonzolano e di quegli occhioni scuri che mi fissano con sguardo da maiala di lungo corso mentre vedo le stelline e sento gli angioletti che cantano in coro. “Hallelujah!”. Un’ottima esperienza, che però si è rovinata leggermente nel dopo, perché scendendo le scale le ho detto che mi era piaciuta molto, e lei ha preso la palla al balzo per accennare una richiesta di mancia troppo esplicita, anche se pronunciata col sorriso sulle labbra. E a dire il vero, non siamo esattamente rientrati nella mezz’ora, quindi forse le avrei lasciato anche un decino in più anche in virtù della bella prestazione. Ma provandoci così direttamente, anche fosse solo per gioco, se l’è giocata male. Quindi niente regalino, così impara a fare la brava. Bella invece lo è già abbastanza.]

Mai ebbi a veder cotanta figaggine in una sola nuda femmina, oh meravigliosa e irresistibile meretrice dagli occhi scuri come la nera notte.”

Dunque, come dicevo, ho un bel ricordo di quella prima visita al locale, ma sostanzialmente è dovuto ad una ragazza che adesso è da un’altra parte, quindi sarà tutto da vedere. E intanto che rimugino sul passato, alle tre del pomeriggio arrivo in Ajševica 59 e sono nuovamente pronto a “scendere in campo” (come direbbe un mio famoso collega punter di nome Scilvio).

Varco gli eleganti vetri decorati delle porte scorrevoli automatiche e mi presento in reception. La bella signorina addetta al ricevimento clienti mi chiede «È la prima volta?». Al che le porgo direttamente gli ottantacinque euro del prezzo d’ingresso insieme a un «No», e lei mi consegna il solito kit di ciabatte, accappatoio, asciugamano e braccialetto per la chiusura elettronica dell’armadietto. E qui voglio spendere due parole di merito per gli accappatoi che sono di una morbidezza eccezionale, e se in estate risultano effettivamente pesanti e fanno un caldo assurdo, sono invece estremamente piacevoli da indossare nelle gelide giornate invernali (ma di questo ne riparleremo quando sarà il momento)…

Mi cambio d’abito ancora una volta. Penso che oggi è la seconda volta che ripongo i miei vestiti nell’armadietto di un postribolo, e penso che ormai mi sento più a mio agio a stare in mezzo alla gente in accappatoio che non coi vestiti addosso.

La zona wellness è tranquilla e si trova tutta al piano terra. Noto subito una “coppietta” che scende le scale ed un paio di giovani orsi a bagnomaria nell’idromassaggio. Altri due, che evidentemente erano arrivati subito prima di me, stanno ancora litigando con gli armadietti nel tentativo di sistemare le loro cose in quell’angusto spazio. Faccio un salto in doccia e mi avvio su per la scala che porta nell’arena di gioco.

Il primo rientro in sala è leggermente traumatico in quanto gli occhi si devono abituare alla penombra che regna sovrana, ma i punti di passaggio sono comunque ben illuminati, e non si rischia di inciampare camminando in mezzo alla moltitudine di divani che riempiono l’ambiente. Più difficile è invece riuscire ad individuare e riconoscere le ragazze da una certa distanza, almeno finché non ci si abitua all’oscurità, ma per me che amo le luci soffuse direi che questo tipo di illuminazione molto soft è addirittura piacevole. E qui l’aria è limpida, non c’è quella costante nube di fumo presente in altri Fkk tedeschi o austriaci, infatti qui è permesso fumare solo nell’apposita angusta saletta, che ricorda molto un affumicatoio da speck, ma che permette al resto del locale di rimanere più sano e vivibile (e lo so che detto da uno fumatore fa un effetto strano, ma è nient’altro la verità).

Raggiungo il bancone del bar e noto subito che in sala ci sono circa cinque o sei ragazze e altrettanti uomini. Ordino un caffè, mentre alle mie spalle sento delle voci che mi chiamano: “Amoreee, amoreee!”. Subito dopo vengo molestato da un paio signorine che conosco solo di vista e che non intendo conoscere meglio perché mi sembrano piuttosto antipatiche; niente di interessante insomma.

Vado a cercare un po’ d’aria fuori e trovo Diana (a.k.a. Juliana) che spippola il telefono e sfumacchia. Mi siedo e sfumacchio un po’ insieme a lei, ma sto morendo dal caldo e torno un attimo al piano di sotto a depositare l’accappatoio, per poi tornare su con l’asciugamano in vita. E posso assicurare che non lo faccio per mostrare il mio fisico da lanciatore di coriandoli, o i miei blasfemi e piuttosto appariscenti tatuaggi, ma il caldo è veramente insopportabile e non ho resistito.

Ripasso dunque davanti alla Diana che alza un attimo la testa, gorgoglia qualcosa riguardo alla schiena tatuata, che le ragazze non vedono mai se non in camera (e con lei è un bel po’ che non ho incontri intimi), quindi le dico che vado a prendere un po’ di sole, la saluto al volo e mi piazzo sul primo lettino che mi si para davanti. Passo così una quarantina di minuti, e il sole regge bene finché poi arriva un nuvolone a coprirlo e cominciano a cadere piccolissime gocce di pioggia, che se non ci fosse la piscina non si noterebbero nemmeno, ma decido comunque di rientrare. Scendo nuovamente giù per una doccia, poi subito in sauna e a seguire una doccia fredda. Nel frattempo un avventore si fa manipolare dalla bella massaggiatrice, e ci sono ancora un paio di orsi bianchi nella vasca idromassaggio che sembra essere molto apprezzata dai clienti, e infatti non è mai vuota. Un po’ come la topa di Emma…

Le saune invece sono poco utilizzate, e la cosa che non mi dispiace affatto. Riprendo il morbido accappatoio e torno nella penombra del piano superiore. Succo d’arancia al bar con le solite vocine di sottofondo “Amoreee, andiamo in cameraaaa? Amoreeee!”. E va beh, le rompiballe ci sono dappertutto, basta ignorarle e prima o poi si arrendono tutte.

Tutte eccetto la “NanaBastarda”. Lei ti prende per sfinimento…

Mi stendo bello svaccato sul grande e comodo divano tempestato di cuscini vicino alla saletta fumatori. Quei cuscini sono una vera goduria, mi rilasso. Arriva una verginella a molestarmi, ma niente da fare, non mi piace e la rimbalzo. Poi mi si presenta una giovane morettina sul basso andante, con un fisichino esile ma ben proporzionato, e che a vederla in intimo non è nemmeno una gran topa, ma si pone nel giusto modo e sembra tranquilla, e poi la sua faccia non mi è nuova, non ricordo dove ma sono sicuro di averla già vista, quindi mi intrattengo a parlare con lei. Si fa chiamare Rebecca, e guarda caso è rumena, come i tre quarti delle ragazze li presenti. Parla con uno strano accento spagnoleggiante e confessa di essere gitana. Un’altra zingarella insomma. E a me piacciono le zingarelle! (Quelle carine che incontro nei Trombodromi, s’intende).

Dopo due chiacchiere in allegria mi chiudo in camera con questa gitana. E posso dire che alla fine mi è piaciuta, tant’è che sono stato un’ora a giocare con lei, che dopo aver goduto delle mie attenzioni linguistiche si è data da fare per esaudire ogni mio desiderio (e riguardo al suo “aver goduto”, posso dire che vederla inarcarsi e tremare più volte come fosse un cazzo di vibratore posseduto da satana, è stato qualcosa di molto appagante). Un’ora e qualcosa più tardi, dopo aver saldato il conticino con l’agile e vibrante Rebecca, torno al bar. Bevo un altro caffè, e stavolta senza le vocine delle sirene in sottofondo (lo dicevo che si stancavano prima o poi).

Ma siccome il karma è subdolo, quando decido di tornare fuori vengo bloccato tre volte prima di arrivare alla porta, prima da Amira che si ricorda di avermi spompinato selvaggiamente nel cinema all’Andiamo (io invece mi ricorderò dell’episodio solo in autostrada durante il rientro a casa), poi da una che non so nemmeno come si chiama ma che include camera nelle prime sei parole che pronuncia, quindi non m’interessa; e infine mi trovo davanti Krina, ovvero la mia carissima NanaBastarda, che per un attimo quasi mi tenta avvinghiandomisi addosso con i suoi quaranta chili di corpicino da Mignon-Mignot, ma che poi riesco a congedare con garbo dicendole che andavo a prendere ancora un po’ di sole.

Conquisto finalmente l’uscita e raggiungo l’ultimo lettino in fondo alla piscina, nella speranza di nascondermi da eventuali molestatrici mignon alla riscossa. Intanto li fuori c’è un gruppetto di baldi “nongiovani” dall’accento vagamente nordico, che cazzeggiano allegramente intorno alla piscina. Un paio si tuffano, gli altri si scambiano opinioni sui locali che conoscono. Ok, sono tutti puttanieri di lungo corso a quanto pare. Ma nonostante la loro colorita presenza riesco a starmene in pace per un po’. Sto svaccato sul mio lettino, sfumacchio e ascolto le chiacchiere dei presenti che commentano aneddoti di avventure passate. Poi mentre sto li a spippolare il telefono all’improvviso appare nuovamente quella mezzasega di Krina, che pur essendo dall’altra parte della piscina mi vede subito, e smanacciando al vento rantola qualcosa, che però non capisco. Uno dei nongiovani invece capisce, e le risponde: «No, grazie, mi sto rilassando al sole, e blah blah blah» – Quindi lei guardandolo con aria beffarda (perché sembra scema ma non lo è affatto), ribatte: «Ma non parlavo con te. Dicevo a lui!» indicandomi a dito puntato oltre le spalle dell’uomo davanti a lei. A questo punto il nongiovane fiuta la gaffe, poi ridendo insieme agli altri, si gira indietro a guardare chi c’è. E purtroppo ci sono io, che mi stavo facendo gli affaracci miei laggiù in disparte e non posso far altro che allargare le braccia con aria rassegnata, ridendo di rimando ai colleghi che mi appoggiano moralmente, per poi salutare la rompiballe, che rimanendo dall’altra parte della piscina mi chiede se ho bisogno della sua compagnia.

Maledetta rompiballe. Se non fosse perché ormai l’ho trombata in almeno tre locali diversi e la considero un po’ una mascotte, l’affogherei in piscina. Magari con la scusa di un pompino subacqueo.”

E a pensarci bene, ho sempre idee molto poco amorevoli nei suoi confronti, eppur continuo a trombarmela tra una novizia e l’altra. E va beh…

Accantono il pensiero di lei che me lo ciuccia sott’acqua, e le faccio cenno di no con l’indice alzato al cielo. Fortunatamente stavolta non insiste, e se ne va. Ma giuro che prima o poi la elimino… Ok, magari prima gli do du’ colpi. …Poi la elimino con calma.

Mezz’ora dopo, il sole si nasconde, e rientro anch’io tornando di nuovo al piano inferiore, per un’altra sauna con relativa doccia gelata e poi torno sul divano, ma quello dall’altro lato, vicino alla sala pranzo. Non faccio in tempo a sistemarmi i cuscini dietro la testa che subito arriva la simpatica e paffuta “Marika che ti rikarica”, che si presenta proprio con questa frase in rima e che se non avesse quei venti chili di troppo sarebbe anche papabile, è piacevole e giocherellona. Infatti stiamo li una decina di minuti a punzecchiarci, cazzeggiando coi cuscini come due deficienti, anche se le ho già detto che sono in fase di relax. Poi salute torna da dove era venuta, cioè in qualche anfratto buio del locale. Sto pensando di andare a mangiare qualcosa, ma ecco che arriva la bionda Anka che mi intrattiene con il suo corpicino da velina, finché a forza di strusciarmisi addosso, mi costringe a portarla in camera, altrimenti rischio di accoppiarmi con lei direttamente li sul divano. Bella topa Anka. È carina e ha un bel fisico, in particolare le tette, che non sono grandi ma sono Belle, con la B maiuscola. Non mi sono ancora ripreso appieno (son tre giorni che trombo a destra e a manca e comincio ad essere nongiovane anch’io) e la mia prestazione non è delle migliori, ma lei è brava e s’impegna, così alla fine concludo degnamente entro la mezz’ora mentre gioco con le sue splendide tettine.

Sistemo il saldo e saluto la bionda, quindi riprendo da dove ero rimasto, ovvero al cibo. Entro in sala pranzo e mi ingozzo di una quantità abnorme di seppie, con annessa ottima birretta per non strozzarmi. Intanto che mi strafogo vedo che nella tavolata vicina ci sono i folkloristici figuri che prima erano in piscina, una tavolata di almeno dieci uomini in accappatoio che parlano di figa a briglia sciolta. Li osservo distrattamente e penso a quanto sia bello tutto questo. Ma stavolta non sorrido perché ho la bocca piena di seppie e non vorrei rischiare di strozzarmi, almeno non prima di aver fatto un’altra bella trombata…

Nel frattempo Anka e una collega si siedono di fronte a me. La sua amica sta cercando disperatamente qualcuno che la porti a Treviso. Anka, che sapeva sarei tornato a casa in serata, mi domanda se per caso Treviso mi è di strada. Ci penso un attimo, sono quasi tentato di offrirmi volontario, ma ovviamente dietro un piccolo pagamento in natura (diciamo che stavo già pensando alla signorina che me lo succhia mentre guido in autostrada), ma alla fine penso che forse non ne vale la pena. E comunque sarei dovuto andar via troppo presto, così riferisco ad Anka che per me è troppo scomodo passare da Treviso, e passo la palla ai colleghi. Comunque rimango li in compagnia delle ragazze, che dopo il secondo giro di seppie cominciano a guardarmi strano. Al terzo piatto finisco la birra e mi fermo. Torno al bar per l’ennesimo caffè (ho smesso di contarli), poi esco nuovamente fuori, dove trovo il solito gruppo di orsi intenti a chiacchierar di topa. Arrivano anche Emma ed Anka, ed altre draculine più o meno note. Mi adagio a fumare su un comodo lettino, e ho la conferma che quell’allegro gruppetto è composto da alcuni personaggi noti di un forum della gnocca. Si presentano con i propri nomi d’arte e riconosco qualche nickname; poi sento nominare anche il mio sito (Trombodromo.com), e non posso che esserne orgoglioso, ma mi viene da ridere perché sono li a due passi e non hanno idea di chi io sia (comunque ne parlano bene e la cosa mi rende felice, poiché in fondo l’ho creato per dare informazioni a chi le cerca, ricordando quanto ne ho avuto bisogno all’inizio anch’io). E seppure sembra tutta gente simpatica, non mi piace essere invadente, e tantomeno essere etichettato dalle giovani meretrici, quindi mi limito ad osservare l’allegra brigata che si diverte. Ma torniamo a noi…

Dopo aver goduto della piacevole frescura serale, ed essermi ammazzato di risate sotto i baffi per il simpatico siparietto, rientro e vedo la bella Diana che sta per accendersi una sigaretta in saletta fumatori. La raggiungo nell’affumicatoio e mi accoglie con un caldo abbraccio. È sempre dolce e carina lei, una professionista coi fiocchi. Ma non abbiamo nemmeno il tempo di finire una frase quand’ecco che arriva di corsa l’amica Scarlett, che la chiama per un lavoro urgente. «C’è da fare un lesbo show!» dice a Diana, tutta agitata.

Un’altra maledettissima rompipalle” penso io. E me la immagino sott’acqua a farmi un pompino, insieme alla NanaBastarda, ovviamente.

Ma Diana, prima di andare a lesbicare con l’amica, mi chiede se per me va bene. È fin troppo corretta, e ovviamente le dico «Vai tranquilla, ci vediamo dopo». Fatto sta che poi l’ho rivista solo quando stavo per andarmene, e quindi non l’ho “revisionata” nemmeno stavolta. E va beh…

Il tempo passa e girottolo per il locale nel tentativo di smaltire le seppie. Ritrovo Rebecca che vaga anche lei in sala, ma in cerca di compagnia. Ci buttiamo un po’ sui divani e poi la invito a venire fuori a fumare una sigaretta. Mi fa notare che fuori fa freddo, e in effetti ha addosso perizoma e reggiseno, non ha tutti i torti. Al che le dico: «Ok. Peccato però. Volevo rilassarmi all’aria fresca e poi tornare con te in camera, ma se hai freddo…» e mentre le parlo mi vien da ridere, perché immagino già la sua prossima mossa, che infatti arriva istantanea: «Va bene mi amor, ma poi mi riscaldi!» Risposta scontata e banale, ma mentre lo dice mi prende le mani e se le mette sulle chiappette nude e riguadagna i punti appena persi.

Ci spostiamo allora sul grande lettino in zona piscina, subito oltre i tavolini esterni, nonché vicino a un paio di avventori di mezz’età e in mezzo al solito gruppetto di orsi bianchi che ancora in compagnia delle altre draculine si godono anche loro l’aria fresca della sera, fumando, bevendo e chiacchierando, più o meno animatamente.

Rimango sdraiato a cazzeggiare con la Rebecca per una decina di minuti poi lei incalza «Ho freddo!». – Ci penso io», ribatto sornione. Quindi abbracciandola l’accosto a me e la copro con quella morbida e calda veste che ho addosso. Lei Ridacchia divertita, e furbamente già che c’è mi piazza una mano sul pacco e accarezza il Fratellino Calvo sotto l’accappatoio, al riparo da occhi indiscreti. «Ok, Andiamo in camera, hai vinto.» le dico. Ci alziamo e devo ricompormi un attimo perché il Signor Pelato si sta agitando e l’accappatoio è completamente aperto. «Ma è possibile che quando ti avvicini te mi ritrovo sempre nudo?» aggiungo guardandomi intorno. E mentre rientriamo noto le risatine di un paio di presenti che osservavano la scena e gli sguardi storti di alcune sue colleghe, che forse non si capacitano di come questo scricciolo di topa, che tra l’altro è l’ultima arrivata, riesca a fare più camere di loro che sono obiettivamente anche più gnocche (ma care mie giovani meretrici, la bellezza non basta, dovreste saperlo).

Dopodiché ci infiliamo in camera ancora per un’ora. A dire il vero anche di più. E non scendo in ulteriori dettagli pornografici, ma la signorina ha vibrato ancora. Il resto sarebbe complicato da raccontare, perché è successo di tutto la dentro. Ma è stato bello. Diciamo che la consiglierei ad un amico. E in più si è lasciata andare e mi ci trovo molto bene, quindi posso dire che è stata una bella scoperta. Ma ancora non riesco a ricordare dove ho già visto la sua faccia da zingarella…

Usciamo dalla camera dopo circa un’ora e un quarto, e dopo aver saldato il conto per due mezzore, mi concedo una pausa riflessiva davanti a un caffè, così quando rientra anche lei in sala finisco la mia serata in sua compagnia, tra la sala fumatori e gli sgabelli del bar, chiacchierando, scherzando, scambiandoci i numeri per rintracciarla la prossima volta, e guardandola ballare mentre mi si struscia addosso con quel suo morbido e piccolo culetto. Piccolo, ma con un gran bel pertugio.

Poi, anche se controvoglia perché sfinito, decido di mettermi in viaggio con molta calma, beccandomi tutto il traffico notturno dei villeggianti d’agosto, che sciamano sulle strade come pazzi ma non turbano i ricordi di questi intensi giorni di topa che mi accompagnano in questo sereno rientro.

È stata una magnifica esperienza, ed ho potuto confrontare direttamente i Trombodromi di confine più frequentati dagli italiani riconfermando le mie idee, ovvero che non ne esiste realmente uno migliore degli altri. Ogni locale ha le sue peculiarità, i suoi punti di forza e le sue pecche. Spesso basta una sola ragazza a trasformare una serata noiosa in un’esperienza indimenticabile, ma quel che più conta è lo spirito del puttaniere:

Quello stato d’inquietudine, di curiosità e di bisogno di novità, soddisfatto dall’unione per il piacere non con una ma con molte.

E intanto che Ben L’Oncle Soul mi tiene compagnia cantando “Soulman”, io ballo sul sedile come un idiota e ripenso alla dolce e pazza Crystal del CasaCarintia, al pompino supersonico di Pandora dell’Andiamo e alla mancata ri-trombata con quella splendida creatura da sesso che è Soraya, e mi domando anche quando riuscirò ad avere il piacere di accoppiarmi con l’angelica diavoletta Micky che rimando sempre alla prossima volta. Penso anche che sono riuscito a beccare in ben due locali la “giornata lingerie”, ovvero il giorno in cui le ragazze indossano indumenti intimi o un costume da bagno, invece di stare completamente nude. Ma a dire il vero la cosa non mi è dispiaciuta, mi piacciono le sorprese. Poi mi ritorna in mente la centrifugata presa in camera con quella gatta selvaggia di nome Kim al Wellcum, in quella che tra l’altro è stata la mia più breve visita a un Trombodromo (e grazie a lei posso dire di aver comunque speso bene i miei pochi denari). E naturalmente non posso non ripensare al luogo dove sono stato fino a poche ora prima, anche perché sento ancora addosso il profumo di quella “vibrante patata” di Rebecca, che mi ha fatto compagnia per quasi tutta la sera donandomi splendide emozioni.

I pensieri volano via come nuvole al vento, e senza rendermene conto sono già a casa, quando ormai è quasi l’alba e il sogno si conclude.

Ma non è la fine…

…È solo l’inizio di un’altra attesa.

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