„L’illuminazione“

Era una notte di fine maggio del 2013, stavo tornando a casa dopo aver trascorso la nottata precedente e la giornata appena conclusa a casa di una tipa di Mantova con la quale avevo un vago rapporto di amicizia e un forte legame di „sesso selvatico“; una grandissima maiala di trent’anni che non aveva paura di niente e non ne aveva mai abbastanza. Era piacevole trascorrere del tempo in sua compagnia di tanto in tanto… In quel periodo, un po‘ di tempo prima, conobbi in quel di Firenze una ben più giovane ragazza turca. Ovviamente io e la lingua turca non ci eravamo mai nemmeno incrociati per errore, ma tecnicamente lei era un’insegnante d’inglese nonché appassionata di lingue in generale, quindi comunicare non fu affatto un problema. Tralasciando la stravagante occasione che mi ha permesso di incontrarla e parlarci la prima volta, posso dire che nonostante i circa tredici anni di età che ci separavano c’è stato fin da subito un buon feeling e nel poco tempo che è rimasta qui in Italia abbiamo avuto modo di conoscerci meglio, non solo a parole e non soltanto fisicamente. C’era tutta un’alchimia particolare che la rendeva unica e particolarmente interessante ai miei occhi, e lo stesso doveva essere per lei, poiché da allora, anche quando è tornata a casa sua ci siamo sentiti o visti ogni fottutissimo giorno a tutte le ore (ah, bella cosa la tecnologia…). La sua costante „presenza“ era tutto sommato piacevole, e visto che tra i due „il povero“ ero io senza alcun dubbio, avevo anche l’assoluta certezza che non fosse interessata a me per altri motivi. Fatto sta che mi aveva invitato a Istanbul; ovviamente sarei andato a stare in albergo perché lei viveva ancora coi genitori, ma la voglia di stare insieme c’era e mi sentivo abbastanza euforico al pensiero di rivederla, così prenotai volo e alloggio per andare là una manciata di giorni della prima decade di giugno…

Sono quasi le due di notte sull’A1, le tre a Istanbul; il telefono poggiato sul sedile del passeggero s’illumina, è un messaggio, lo leggo: „Fammi sapere quando sei a casa, così quando mi sveglio non sto in pensiero. Cmq, quando torni qui con me? Lo sai che mi piace trovarti nel letto appena apro gli occhi.“.  Uff, è Serena (perché questo è il nome della tipa di Mantova, non perché è serena come definizione eh). Rallento e con un occhio alla strada e uno al display illuminato rispondo con un conciso e vago: „E chi lo sa… Quando arrivo ti lascio un messaggio, dormi Serena e almeno stanotte copriti che non puoi dormire sempre nuda!“  Poco dopo un altro messaggio, riprendo il telefono in mano e leggo: „Hi! Blah blah blah, blah blah blah, blah blah blah…“  Merda, è Hande (la turca). In sostanza dice che non riesce a dormire ed è in pensiero per me perché non ho risposto ai suoi messaggi, ma soprattutto mi fa sapere che li da lei è un casino e c’è gente in strada a manifestare e la polizia in assetto antisommossa e non sa ancora bene cosa succede ma è preoccupata perché abita li vicino a dove c’è tutto questo caos. Mi fermo poco dopo in un’area di sosta e cerco di tranquillizzarla in un concitato scambio di messaggi. Intanto mi arrivano sul cellulare anche le ultime notizie e vedo che effettivamente sembra esserci un gran casino da quelle parti. Cazzo, tra una settimana dovrei essere li, tutto ciò non non va bene!  Un po‘ pensieroso e stanco mi rimetto in marcia, voglio tornare a casa prima di iniziare ad aver colpi di sonno in autostrada; dopotutto sono reduce da quasi due giorni di sesso selvatico con la Serena e le forze iniziano a mancare… Intanto continuano ad arrivare altri messaggi di Hande. Non rispondo, adesso vorrei soltanto arrivare a casa e chiudere un po‘ gli occhi, ne ho bisogno.  Dieci minuti più tardi sento la suoneria di skype sul telefono. „Ma che cazz…“ E va beh, rispondo sperando di non andare dritto a qualche curva. Hande è agitata e ha voglia di parlare, mi chiede anche perché non ho risposto ai messaggi precedenti; le dico che ero da un amico in campagna e che avevo problemi di linea e blah blah blah… Insomma, poco dopo riesco a dirottare il discorso sul fatto che se la situazione è grave come sembra non potrò andare là; a quel punto lei dice che proprio per questo dovrei andare li perché sente la mia mancanza e perché ci tiene molto a rivedermi e blah blah blah… Però a me questa cosa dei disordini civili non è che mi vada tanto a genio, anche perché non vorrei ritrovarmi in mezzo a una guerriglia urbana in un paese straniero dove ho come unico contatto una ragazza di poco più di vent’anni che in fondo conosco appena; le dico quindi che se le cose non si sistemano dovrò rimandare la trasferta a quando la situazione si sarà normalizzata. Lei allora insiste e incalza dicendo che se la amo veramente devo andare da lei, altrimenti significa che la voglio solo per fare sesso e non m’importa niente e blah blah blah… Insomma, a me piace davvero tanto, e non solo esteriormente, però questo suo lato egoistico e „sclerato“ non lo conoscevo, e mi infastidisce molto. Le dico che comunque ci penserò ma che credo sia meglio rimandare. A quel punto mi lancia quello che di fatto è un ultimatum e che a grandi linee lascia intendere: „O vieni la prossima settimana o non mi vedi più“.  Ma che cazz… Allora è proprio stronza, quasi non la riconosco. Non ricordo con esattezza cosa ci siamo detti in seguito, ma è stato breve e poco piacevole, poi d’un tratto la chiamata si è interrotta a causa delle gallerie… Ormai non manca molto ad arrivare, voglio solo affondare la testa su un morbido cuscino e dormire, poi vedrò il da farsi. Devo anche ricordarmi di mandare un messaggio a Serena, che quella è capace di chiamarmi appena mi addormento per sapere se sono vivo…

L’appennino alle spalle, due scassapalle in sospeso e un centinaio di chilometri di strada fino a casa nel buio della notte. Accendo una sigaretta, abbasso il finestrino, il vento mi scivola sul viso, pungente ma piacevole, una fredda carezza che si fonde con l’onirica melodia di Yoko Kanno e le delicate parole sussurrate da Maaya Sakamoto in „Trust Me“:

„Trust me
You can change it all
Trust me
Nothing stays the same
I will take you out
As birds flying…“

Ecco, quello è stato l’esatto momento in cui ho avuto la famigerata „Illuminazione del Puttaniere“. Come in un lungo flashback mi sono ritrovato improvvisamente a pensare ai corpi nudi delle giovani meretrici in tutto il loro splendore. Biondine, morette, tettone, tettine, culi a mandolino, culi sodi, chiappette rotonde e polpose, glabre vulve di ogni fattezza, vagine decorate da un ciuffetto di peli a volte scuri a volte più chiari, una ce l’ha persino viola, un graziosissimo ciuffetto di pelo strategico intonato al colore dei capelli. Ah, la ricordo fin troppo bene quella, ommioddio che trombata, e che ragazza! Vent’anni e un corpicino tutto da strapazzare, lei era rumena se non ricordo male… Vedo i corpi statuari delle tre grazie bulgare che mi chiamano in coro e a turno mi risucchiano l’anima senza pietà; una biondina ungherese prende poi il loro posto e mi obbliga a fotterle la bocca, quelle morbide labbra colorate di rosa, che belle sensazioni mi hanno fatto provare più e più volte… Vedo anche un un paio di polacchine ma non riesco ad afferrarle perché scivolano via unte come anguille, però le ricordo più che bene, e chi se le dimentica quelle due assatanate. E poi… e poi arriva lei, con le sue tettone morbide assemblate da un qualche dio beffardo sul delicato e oltremodo sensuale corpo di una ventenne, i suoi occhi verdi mi ipnotizzano mentre perdo i sensi affondando il regale augello in mezzo ai deliziosi caldi e burrosi seni… E poi „pecore“, pecore ovunque; un’autostrada di schiene inarcate, una selva di seni sballottanti, un turbinio di vagine incorniciate da culi perfetti e cosce tornite dai demoni della lussuria. Solo il piacere, nessun compromesso, nessuno strascico sentimentale, nessuna sterile discussione, nient’altro che la gioia di momenti indimenticabili e pregni di benessere assoluto. Il paradiso esiste, sono ateo ma credo nelle gioie terrene, e se qualcuno mi parla di paradiso io dico che forse quella parola assume un senso se usata per definire quei luoghi colmi di emozioni tanto tangibili quanto effimere e di amore per il sesso donato alla bisogna in cambio di semplice denaro. Questa è la via, questa è la fine del percorso, il punto di arrivo ma anche l’inizio di un nuovo entusiasmante viaggio in un mondo privo di inutili fastidi e di problemi legati alle donne, un mondo dove si può prendere solo il buono da ognuna di loro lasciando il resto a qualcun altro… Ed io, prima del sorgere del sole ho visto la luce. Ho deciso, le mando tutte un po‘ affanculo, non voglio più le loro paranoie, non voglio più i loro problemi, non ho bisogno dei loro ambigui sentimenti o di tollerarne la presenza quando desidero restare solo a pensare e rilassarmi.  Donne… Le ho sempre amate in quanto esseri in grado di donarmi emozioni e piacere, ma ormai sono stanco di compromessi e teatrini, di notti insonni, di falsi amori e di veri rimpianti, sono stanco di emozioni a metà e di istinti strozzati per la paura di ferire qualcuno o per necessità del quieto vivere. Si, ho deciso, da oggi me ne sbatto; si fottano le vulve incazzose, le vagine sclerate, le fighe irrequiete, le patate viziate, le pesche irritanti e le susine amareggiate, si fottano le principesse sul pisello, le sposine confuse, le fidanzate dispettose, le false verginelle, le mammine vogliose, le sbarbine preziose…

 Amo le donne e sono un puttaniere, ho quasi quarant’anni e le ventenni le porto a letto quando ne ho voglia, con un gesto della mano e una banconota nell’altra… Perché la vita è semplice, basta volerlo.