07 Dicembre 2007

Al termine di una dura giornata di lavoro, dopo aver convinto la mia dolce metà del fatto che sarei andato a sciare sulle Dolomiti con gli amici, la salutai calorosamente lasciandola sola per un paio di giorni a perder tempo con i suoi adorati addobbi natalizi.
Erano quasi le sette di sera quando iniziai il mio giro per andare a prendere gli altri cinque partecipanti a quella zingarata, e accogliendoli uno dopo l’altro a bordo del grande camper ritirato poco prima dal noleggiatore, intorno alle otto di quel magico venerdì del ponte dell’immacolata eravamo finalmente pronti a partire.
Direzione: Nord. Destinazione finale: il Colosseum di Augsburg, in Germania.
Considerato però il lungo viaggio, ed il fatto che a non più di dieci minuti dalla partenza a furia di far brindisi avevamo già seccato almeno un paio di bottiglie di “robe alcoliche a caso”, lungo il tragitto decidemmo che sarebbe stato più opportuno trascorrere la notte in quel di Bolzano per poi proseguire il viaggio con calma il mattino seguente.
L’arrivo nella nordica cittadina fu a dir poco sguaiato, tant’è che mi ritrovai personalmente a guidare il camperone, un enorme sette posti lungo più che altrettanti metri, in una zona pedonale del centro nel tentativo di trovare un posto dove fermarsi per la notte. E data la mole non indifferente del mezzo sul quale stavamo viaggiando, la cosa non fu tanto semplice.
Dopo mezz’ora di tentativi riuscimmo però a trovare un posto ai limiti della periferia, in un piazzale non troppo lontano dai locali notturni e dal centro, nonché in una zona frequentata dalle “lucciole” fino alle prime luci dell’alba.
Tornando nuovamente verso il centro, ma stavolta a piedi, riuscimmo a trovare una discoteca che non era affatto male, e la serata proseguì in questo locale dove per l’occasione prendemmo un tavolo e un numero imprecisato di bottiglie di alcolici di ogni genere. A dire il vero non ordinammo nemmeno bevande troppo costose, ma la cosa creò una certa attenzione da parte delle donzelle che si fermavano volentieri nei pressi della nostra piccola oasi. In particolare ricordo due zoccolette locali e molto poco vestite, che a turno, nel tentativo di scroccare qualcosa da bere mi si sedevano né più né meno “sul pacco”, e in un’occasione differente, questo comportamento unito all’apparente indole poco velatamente puttanesca delle due fanciulle, avrebbe anche potuto dare inizio ad un tentativo di approccio finalizzato a portarmele a letto. Ma in questo caso fu solo una piacevole conferma di quanto le donne siano mediamente maiale, quantomeno alla pari degli uomini, solo che a loro serve un po’ d’alcol e la penombra di una fumosa discoteca per ammetterlo.
Più tardi, verso le quattro del mattino, dopo aver giocato allegramente con le suddette suine locali ed aver tracannato una quantità indefinibile di alcolici, recuperiamo in extremis il buon Danilo che si era imboscato non so dove a limonare con una ragazza del posto, e quello stordito di Gianni che vagava senza meta per il locale con in mano un ananas e un bicchiere mezzo vuoto, quindi decidiamo di tornare alla base ovvero al camper parcheggiato in quel piazzale in mezzo alle lucciole.
Marco, Filippo ed io, con una faccia di bronzo degna di un premio Oscar, riuscimmo a soffiare un taxi ad alcuni ragazzi del posto che l’avevano chiamato per loro, mentre l’altra metà della compagnia ovvero Roberto, Gianni e Danilo decisero di tornare a piedi; ma già che c’erano si fermarono un’oretta in un nightclub sulla via del ritorno. Non riuscirono comunque a concludere niente di buono, ma il loro tasso alcolico subì un ulteriore impennata e andammo infine a dormire tutti verso le sei del mattino, più o meno mentre le lucciole finivano il loro turno in strada ed il sole stava quasi per annunciare il nuovo giorno…
Riaprii gli occhi intorno alle undici e mezza di sabato mattina. Filippo era l’unico già sveglio, e mentre gli altri riposavano beatamente nelle loro brande andammo a prendere un caffè in un bar li vicino, lasciando ancora un po’ di tempo agli alticci sognatori per riprendersi dalla movimentata serata precedente.
Un’ora più tardi, rifatti i letti e sistemata parzialmente l’apocalisse scatenatasi nel camper in seguito alla confusione notturna, eravamo finalmente di nuovo in marcia, quindi dopo aver rassicurato ognuno le rispettive signore con una telefonata a casa ed aver goduto di una sosta in Austria per uno spuntino in una folkloristica locanda poco oltre l’italico confine, in un batter d’occhio arrivammo in Germania. Qui la scelta di essere andati in camper si riconfermò in tutta la sua bontà, perché a causa di un incidente restammo praticamente fermi in coda per più di un’ora, nel corso della quale improvvisammo un torneo di briscola e riuscimmo a finire quel che restava della scorta di alcolici che avevamo a bordo. Infine, dopo tanto tribolare, verso le sei di sera eravamo finalmente arrivati di fronte al tanto agognato e mistico Santo Graal della Topa. Il Colosseum di Augsburg.
Ricordo perfettamente che nei due mesi precedenti avevo speso ore ed ore ad informarmi da ogni fonte possibile su cosa fosse e cosa accadesse esattamente all’interno di questo locale, ed anche se non c’ero mai stato prima sapevo praticamente tutto quello che c’era da sapere. Però, la teoria è una cosa e la pratica è un’altra, quindi non essendo ancora avvezzo a tali oasi del piacere sembrava tutto troppo bello per essere vero, ed un minimo di dubbio sulla veridicità delle informazioni acquisite l’avevo ancora, ed i miei compagni di viaggio erano ancora più scettici e titubanti di me.
In qualità di organizzatore dietro le quinte di quella escursione li avevo informati vagamente sulle dinamiche di quel postribolo, ma non avevano comunque tutte le informazioni che io stesso nel frattempo avevo raccolto e quindi nutrivano ancora quel legittimo dubbio che li fece esitare al momento di scendere dal camper per entrare nel locale, tant’è che dopo alcuni minuti persi nel tentativo di convincerli che tutto sarebbe stato come doveva essere, alla fine dissi loro: «Io vado, chi viene?»
Solamente Marco si offrì volontario per la trionfale entrata; gli altri decisero di restare in attesa di nostre notizie, ovvero dovevamo chiamarli se una volta entrati la situazione sarebbe stata quella prevista, in caso contrario ci avrebbero visti uscire di li a poco.
In effetti a parlarne adesso, a distanza di anni e con le esperienze vissute da quel momento in poi, la cosa fa un po’ sorridere, ma ricordo bene che in quel momento, per quanto fossi determinato ed ansioso di vedere se realmente esisteva questo paradiso della topa, qualche dubbio l’avevo anch’io.
Comunque, tra un pensiero e l’altro mi ritrovai a suonare il campanello all’entrata del Colosseum, anche se a vederlo così da fuori non aveva esattamente un aspetto molto invitante. Era né più né meno che un capannone come tanti altri in quella periferica zona industriale, e soltanto la fila di auto parcheggiate lungo la strada faceva pensare che in fondo in fondo non doveva essere poi tanto male. “Altrimenti non ci sarebbe tutta quella gente…” pensai, nel tentativo di rassicurarmi.
Un attimo dopo il secco *Clack* della serratura del cancello ci invitò ad entrare. Appena varcata la soglia d’ingresso la prima cosa che rapì i nostri occhi fu la visione di una bella stangona bionda, completamente nuda, che stava parlando in tedesco con una signora di mezza età dietro il bancone della reception. In un nanosecondo ogni dubbio venne spazzato via da quella visione celestiale (la bionda, non la signora di mezz’età, ovviamente) e tutto sembrava già più bello. Ma ad ulteriore conferma della bontà della fauna locale, da una porta sulla nostra destra uscì anche una seconda ragazza, anche lei completamente nuda e con un corpo da favola; e intanto che la signora ci spiegava diligentemente le regole della casa ne uscì anche una terza, anch’ella una modella vestita solo della sua fresca pelle e di un paio scarpe dai tacchi altissimi.
A quel punto la priorità era diventata il dover oltrepassare al più presto quella porta da dove uscivano questi angeli nudi.
Come previsto, la signora della reception con le sue indicazioni non fece altro che confermare quanto già sapevo in ogni dettaglio; fu quindi piuttosto semplice assimilare quelle poche regole e salutare la gentile signora, per poi entrare negli spogliatoi lasciando immediatamente le vecchie vesti a riposo negli armadietti; e dopo esserci addobbati del solo asciugamano legato attorno alla vita, eravamo finalmente pronti a varcare l’ultimo ostacolo che ci divideva dal tanto sospirato paradiso. Un momento di emozione. Un bel respiro. La porta si aprì…

Per quanto ne so credo di essere rimasto a guardarmi intorno a bocca aperta come un ebete almeno per cinque minuti. Non potevo vedermi, ma il mio prode compagno di avventura aveva quell’espressione in faccia, quindi immagino fosse così anche la mia. Mai avevo visto tante ragazze nude giovani e belle tutte insieme, e per di più queste erano li apposta per soddisfare i nostri desideri in cambio di una insignificante, in quel contesto, banconota da cinquanta euro.
…Non sono mai stato a Disneyland da piccolo, desideravo tanto andarci, ma quel desiderio non si avverò mai. Ora però era giunto il momento del riscatto, avevo finalmente raggiunto quella che sembrava essere la Disneyland per adulti. E non vedevo l’ora di salire sulle giostre…
Appena ripresi da quel leggero senso di euforico smarrimento iniziale, ci ricordiamo di non essere arrivati fin qui da soli, dunque perlustriamo rapidamente il grande open space sotto gli occhi ammalianti delle ragazze che ci puntano come fossimo bersagli mobili, poi torniamo agli armadietti per chiamare quel manipolo di vigliacchi rimasti fuori in camper, i quali ci avrebbero raggiunti circa dieci minuti dopo. Nel frattempo decidiamo di attendere i ritardatari sistemandoci su uno dei giacigli posti vicino alla porta d’ingresso della sala interna al locale. Voglio vedere bene le loro facce nel momento in cui entreranno. Continuo a guardarmi intorno e non riesco a trattenere quel sorrisetto ebete di chi si sente felice e soddisfatto, perché dopo interminabile attesa e infiniti dubbi, adesso sapevo che quel posto esisteva veramente, ed era esattamente come lo immaginavo. E se non fossi stato impegnato a sbavare come una iena alla vista di tante giovani bellezze, mi sarei anche commosso per l’emozione.
Oltre a noi ci sono relativamente pochi clienti e ovunque io volga lo sguardo ci sono ragazze nude, almeno una trentina in totale. E non sto sognando! More e bionde, nere e dai tratti orientali, tettone naturali e bamboline rifatte, c’è solo l’imbarazzo della scelta e c’è da perderci la testa.
Finalmente arrivano i nostri eroi, che addobbati di asciugamano e ciabattine d’ordinanza fanno la loro entrata trionfale. Come previsto e prevedibile, appena si rendono conto di dove sono, le espressioni sui loro volti assumono il classico aspetto da mascella caduta sul pavimento, quel mix di stupore, incredulità ed euforia che credo abbia provato chiunque si trovi per la prima volta in un posto del genere. E mentre il mio compare ed io stiamo morendo dalle risate godendoci la scena da spettatori privilegiati, a un certo punto i nostri amici ci vedono e tra una risata e uno sbeffeggio la piccola compagnia si riunisce nuovamente. Si apre così “la stagione della caccia”, anche se onestamente non saprei ancora dire con esattezza chi siano le prede e chi i cacciatori.
Per almeno dieci minuti rimango a guardarmi intorno in cerca di quella che potrebbe essere la migliore opzione secondo i miei gusti, poi però mi accorgo di non riuscire a prendere una decisione. Sono troppe e me le farei quasi tutte. Fortunatamente una delle ragazze viene a sedersi su un divanetto li accanto. Una bella moretta slanciata, con una folta e lunga chioma corvina e gli occhi scuri come la notte, poche tette, ma un culetto che parla. Decido quindi che sarà lei ad introdurmi in questo nuovo lussurioso mondo, e vado a conoscerla. Anda, questo il suo nome d’arte, viene dalla Romania, parla un po’ d’inglese e capisce poche parole d’italiano, ma con lo spagnolo se la cava alla grande e mescolando indistintamente le varie lingue ci intendiamo alla perfezione. Le faccio sapere che per me è la prima volta e le chiedo se può spiegarmi come funzionano le cose li dentro, quindi mi illustra tutte le varie possibilità di svago che offre il locale ed il menù relativo alle prestazioni in camera, rivelandosi una preziosa e paziente guida. Dopodiché le domando se può darmi una dimostrazione pratica dei servizi che mi ha appena elencato, e senza farselo ripetere due volte acconsente e mi accompagna su per la lunga scala a chiocciola che conduce direttamente al secondo piano dove sono le camere.
Nel salire quella lunga scala ero emozionatissimo. Adesso che da quella prima salita sulle scale sono trascorsi molti anni e una miriade di esperienze, anche questo pensiero mi fa sorridere, ma allora era tutto talmente fantastico e surreale da suscitare emozioni uniche e irripetibili, ed il solo fatto di avere a disposizione una bella sconosciuta, che sfilando totalmente nuda su quei gradini mi stava portando in una calda e accogliente camera per esaudire tutti i miei desideri sessuali, era qualcosa di assolutamente nuovo e meravigliosamente incredibile.
Una volta entrati in camera, non sapendo esattamente come comportarmi mi sento stranamente impacciato; Anda se ne accorge subito e cerca di mettermi a mio agio prendendo l’iniziativa con baci e strusciatine del suo bel corpo sul mio, poi mi chiede cosa voglio e la prima cosa che mi viene da dirle in quel momento è: «Violentami!» Lei sfoggia immediatamente un sorrisetto beffardo, mi invita a sdraiarmi sul letto, poi con nonchalance svolge egregiamente il suo lavoro e soddisfa la mia richiesta, in particolar modo quando dopo quasi una ventina di minuti le chiedo di mettersi carponi sul letto, o come si dice dalle mie parti “a pecora”, poi subito dopo aver rimesso il Regale Augello al calduccio dentro di lei, ricomincio a sbatterla senza sosta e lei immediatamente si volta indispettita:
«Te stai fermo, hai detto che ti devo violentare. Ci penso io!», mi rimprovera scherzando.
Al che mi fermo, rimanendo con l’asta ben piantata in quella lussuriosa e avvolgente fessura, curioso di sapere cosa aveva in mente la bella Figlia del Conte Vlad.
Un attimo dopo mi stava centrifugando il cazzo con un movimento di bacino degno della migliore ballerina di samba brasiliana. Ed era una cosa bellissima! Inutile dire che in un paio di minuti o poco più arrivai al capolinea con non poca soddisfazione, accasciandomi poi sul letto in contemplazione di quella fanciulla che tanto mi aveva fatto godere.
In quel momento stavo pensando che avevo appena vissuto il mio personale film porno e che mi sarebbe costato solo cinquanta schifosissimi euro, cioè molto poco se paragonato a quanto avevo appena ricevuto. Un immenso sorriso interiore mi illuminò definitivamente i pensieri, avevo appena scoperto il posto più bello del mondo, o almeno per me lo era…

Scendendo per la lunga scala a chiocciola, avvinghiato a quella calda gazzella che mi aveva piacevolmente intrattenuto nonché violentato, avevo modo di osservare meglio quel che stava accadendo là sotto. Alcuni teutonici orsi bianchi stavano riposando sui numerosi giacigli a disposizione sparsi per tutto l’ampio salone, altri bivaccavano al bar bevendo o chiacchierando con le ragazze e altri ancora occupavano la jacuzzi o si rinfrescavano in piscina, anche in compagnia delle signorine. C’era addirittura un tizio ben piazzato, sui quarant’anni abbondanti, dotato di quel che con un pizzico di sana invidia definirei “un gran bel cazzo”, che si stava godendo un maestoso pompino eseguito da una bella ragazza di colore standosene seduto comodamente su un divano posto quasi al centro del salone, attirando così inevitabilmente l’attenzione dei presenti, compresi i miei compagni di viaggio, che accampati dall’altra parte del locale si stavano godendo quell’inaspettato film porno in diretta live, tutti eccetto uno, ed era lo stesso che mi aveva accompagnato in avanscoperta all’inizio, cioè Marco. Anche lui era salito su per la scala poco dopo di me con una signorina, ed ancora non aveva completato il suo primo giro di giostra.
Arrivato a terra volo in spogliatoio e recupero il vil denaro dall’armadietto, saldo il conto con Anda che mi saluta con un bacio, e dopo una rapida doccia calda mi riunisco al gruppetto in sala.
I quattro vigliacchi vengono subito a chiedermi com’era andata quella prima mezz’ora, tutti ansiosi e titubanti in cerca di risposte, poi dopo aver avuto conferma della bontà del trattamento ricevuto si lanciano nella mischia, e prima Gianni, e poi anche Roberto, si avviano verso la scala del paradiso con i loro angeli del piacere. Gli altri due invece ancora non si muovono.
Filippo si deciderà a scendere in campo solo a fine serata, concedendosi un’ora intera con tanto di spesa extra per usufruire del servizio “Anal” in compagnia di una trentenne che, come la definirà lui più tardi, era «Tanto, ma tanto, ma tanto maiala!».
Danilo sarà invece l’unico a non portare a casa nemmeno un punto, restandosene tutta la sera in disparte a sonnecchiare su un lettino col quale a fine giornata sembrava essere entrato in simbiosi. Scopriremo poi che all’epoca non si sentiva a suo agio con le puttane, ma per onor di cronaca devo dire che in seguito ha guadagnato pienamente anche lui il suo buon titolo di puttaniere ad honorem.
Comunque, senza voler essere ripetitivo e ridondante potrei riassumere il tutto dicendo che la lunga serata volò via in un attimo e tra tante cose nuove da imparare, un paio di bevute e un altro paio di trombate, trovai ahimè il primo Missile della mia carriera di puttaniere. Non ne rammento più il nome ma poco importa, era anche lei una Draculina (nomignolo usato comunemente per definire le rumene nei bordelli) con il classico fisico da modella e due meravigliosi e splendenti occhi azzurri incastonati in un volto leggermente spigoloso ma assai gradevole.
Ricordo che ero indeciso se fare l’ultimo round con lei o con Vivienne detta “la Kazaka”, un’istituzione li al Colosseum nonché una ragazza dotata di una sensualità fuori dal comune. Alla fine però la Kazaka venne portata via da un altro avventore, quindi la mia scelta ricadde appunto sul beffardo Missile. In verità devo ammettere che appena giunti in camera era partita piuttosto bene mostrando un’arte orale non indifferente, peccato però che dopo i primi dieci minuti iniziò ad agitarsi e ad incitarmi a concludere in fretta, cosa che mi rese nervoso e mi portò a chiudere la mezz’ora con largo anticipo per non buttare alle ortiche il cinquantino investito, ma senza troppa soddisfazione e con una prestazione molto lontana dalle due precedenti di quella stessa sera che andava ormai concludendosi. Per fortuna quell’episodio non riuscì a rovinarmi la giornata, questo ormai era praticamente impossibile.
Alla fine uscimmo dal locale a tarda notte, quando se ne stava andando via anche l’ultima delle ragazze presenti, e tornando al nostro camper, stremati ma euforici commentavamo quella favolosa esperienza pensando già a quando avremo potuto ripeterla; magari proprio nello stesso periodo dell’anno successivo.
Volsi lo sguardo un’ultima volta in direzione di quel capannone. Era così anonimo nel buio della notte da sembrare una delle tante fabbriche che aveva intorno, eppure al suo interno custodiva un meraviglioso segreto, un mondo che fino ad allora avevo solamente immaginato nei miei sogni erotici più spinti e fantasiosi.
Raggiunsi la mia branda e mi lasciai cadere dolcemente sul materasso. Chiusi gli occhi cercando di riassaporare ogni momento di quella giornata mentre gli altri discutevano se ripartire subito verso l’Italia o se attendere le prime luci dell’alba per mettersi in marcia. Un attimo dopo mi lasciai rapire da Morfeo che mi cullò in un sonno profondo e beato che forse non avevo più trovato da quando ero bambino.
Quando riaprii gli occhi era ormai giorno ed il camperone era parcheggiato in un’area di servizio poco oltre l’Italico confine; quei folli avevano guidato tutta la notte per poter rientrare presto a casa. Meglio così, io ero troppo esausto per farlo. Un’abbondante colazione rifocillò il corpo, mentre lo spirito, percependo il ritorno in terra italica stava già subendo i primi sintomi della famigerata “astinenza da Fkk”, e infatti l’euforia della sera prima stava già svanendo ed eravamo tutti pronti a riprendere il nostro posto nella terra dei bigotti, portandoci pero’ dentro quell’esperienza che in un modo o nell’altro avrebbe influenzato le nostre idee sul mondo dei cosiddetti Trombodromi.
…E forse non soltanto su quello.

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